In Italia sempre più anziani, così il Servizio Sanitario Nazionale rischia il collasso. L’allarme nel rapporto Enpaia-Censis

In Italia sempre più anziani, così il Servizio Sanitario Nazionale rischia il collasso. L’allarme nel rapporto Enpaia-Censis

In Italia sempre più anziani, così il Servizio Sanitario Nazionale rischia il collasso. L’allarme nel rapporto Enpaia-Censis

Un’Italia che invecchia sempre più rapidamente rischia di mettere in crisi il suo sistema socio-sanitario. È il quadro tracciato dal nuovo Rapporto Enpaia-Censis su “Difficoltà e tenuta del Servizio sanitario e reazioni degli italiani”, che lancia un grido d’allarme sulle conseguenze dell’invecchiamento della popolazione e sulla tenuta del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), già oggi in affanno.

Secondo il dossier, al 1° gennaio 2025 gli over 65 in Italia sono 14,6 milioni, rispetto agli 11,3 milioni del 2005. Ma il dato più impressionante è la previsione: nel 2045 saranno oltre 19 milioni, il 34% della popolazione totale. L’indice di vecchiaia – il rapporto tra over 65 e popolazione tra 0 e 14 anni – è destinato a triplicare, passando dal 138% del 2005 al 307,6% nel 2045.

Un trend che, come spiegano i ricercatori del Censis, è destinato a pesare in modo crescente su un welfare pubblico sempre più fragile. “L’invecchiamento della popolazione pone il tema dell’assistenza sociosanitaria in modo ineludibile – ha commentato Roberto Diacetti, direttore generale della Fondazione Enpaia –. La sanità integrativa potrà avere un ruolo crescente, ma la copertura pubblica deve restare garantita dalla fiscalità generale”.

In Italia sempre più anziani, così il Servizio Sanitario Nazionale rischia il collasso. L’allarme nel rapporto Enpaia-Censis

Il report fotografa un SSN in sofferenza strutturale: il 71% degli italiani ha avuto difficoltà nell’accesso alle cure negli ultimi due anni. Lunghe liste d’attesa e affollamento delle strutture pubbliche spingono sempre più persone a rivolgersi alla sanità privata, aggravando le disuguaglianze. Il 72,5% degli italiani, infatti, ha scelto prestazioni private per accorciare i tempi, una tendenza che riguarda anche il 69,5% delle famiglie con redditi bassi.

La conseguenza? Un sistema a doppia velocità: chi può pagare accede più rapidamente alle cure, chi non può resta indietro. Il 15,7% delle famiglie ha già ridotto la spesa sanitaria, rinunciando a visite e controlli, con effetti preoccupanti soprattutto nel Sud e tra anziani e giovani.

Il boom della sanità integrativa

A compensare parzialmente le lacune del SSN è la sanità integrativa, cresciuta in modo esponenziale nell’ultimo decennio. Oggi i fondi integrativi contano 16,3 milioni di iscritti, con un aumento del 179% rispetto al 2013. Le risorse erogate hanno superato i 3,2 miliardi di euro, con un +69,5% in dieci anni.

Di queste, 2,2 miliardi sono stati destinati a prestazioni Lea (livelli essenziali di assistenza), mentre 1,1 miliardi a prestazioni integrative, che hanno registrato un incremento del 77,3%. Una crescita che riguarda non solo i cittadini più abbienti, ma anche i lavoratori coperti da contratti collettivi e accordi sindacali.

Secondo il Censis, questa rete mutualistica sta contribuendo ad ampliare le tutele, rafforzare il potere d’acquisto e redistribuire il peso economico dell’assistenza sanitaria, senza però poter sostituire un SSN pubblico in crisi.

L’onda lunga della cronicità e la solitudine degli anziani in Italia

Oltre alle difficoltà nell’accesso alle cure, il report mette in luce un altro nodo critico: la crescita della popolazione affetta da patologie croniche. Nel 2023, oltre 11 milioni di over 65 convivevano con almeno una malattia cronica, pari al 79,4% del totale, mentre 7,8 milioni avevano almeno due cronicità. Un’onda che continua a montare: tra il 2009 e il 2023, la percentuale di over 75 con almeno una malattia cronica è aumentata del 25,8%.

La pressione sulla rete sanitaria è ulteriormente aggravata dal fatto che, a oggi, 1,8 milioni di anziani soffrono di gravi limitazioni all’autonomia. In mancanza di strutture pubbliche sufficienti, la cura ricade sulle famiglie, e in particolare sulle donne, con un carico crescente.

Ma anche questo modello è sempre meno sostenibile. Nel 2024, oltre 9,6 milioni di persone vivono da sole, e si stima che nel 2043 saranno oltre 10,7 milioni. La frammentazione familiare e la riduzione del supporto informale rendono sempre più urgente la creazione di una rete capillare di servizi territoriali, operatori domiciliari e strutture residenziali.