
IL BIVIO
Certo, il nostro Governo non ci fa una bella figura. Mentre partecipiamo alle coalizioni internazionali contro il terrorismo, da una parte stiamo con chi bombarda i tagliagole e dall’altra arriviamo persino a finanziarli. A quanto pare con 12 milioni di euro. Denaro che si aggiunge agli altri 61 milioni versati dallo Stato dal 2004 ad oggi per la liberazione di alcuni nostri ostaggi. Alcuni, non tutti, con eroi lasciati al loro destino. Altro che le due cooperanti appena tornate a casa, ben rifocillate e cariche di misteri. Ma gli episodi di finanziamento dell’attività terroristica da parte dell’Italia, diventati un caso diplomatico prima ancora che un caso umanitario, non sono pochi. Se da un lato la liberazione dei nostri ostaggi rapiti all’estero è un successo (e sarebbe una sconfitta il caso contrario), pagare chi ci minaccia è da veri Tafazzi.
L’ESEMPIO
L’Italia di gomma piuma che i criminali di ogni tipo possono utilizzare come un bancomat. E che fa inorridire quei Paesi che non si piegano, che usano il metro della fermezza qualunque cosa accada, che ci sia da trattare per Aldo Moro o per un povero diavolo qualunque. Non meravigliamoci però se poi scopriamo che il fronte di sostegno per il popolo siriano è cresciuto esponenzialmente grazie a una incredibile disponibilità di armi e fondi, la cui fonte principale di finanziamento, oltre alle generose donazioni che arrivano dall’estero, è proprio quella che arriva dai riscatti. A fare i conti qui è il New York Times, secondo cui Al Qaeda e i gruppi affiliati hanno incassato dai squestri oltre 125 milioni di dollari solo negli ultimi 5 anni, la massima parte versati stati europei. Perlomeno non siamo i soli a pagare. Il business però è certo, e in un’area del mondo dove non c’è più nulla da perdere il ricatto è l’arma del riscatto. Un’industria che si è capito bene quanto può fruttare. I Governi occidentali d’altronde pagano bene. Abbastanza per dare agli ostaggi anche un buon vitto e alloggio.